L'Evoluzione della Donna nel Diritto di Famiglia

in #ita4 years ago

“L'Evoluzione della Donna nel Diritto di Famiglia”

Vorrei cogliere la ricorrenza della “Festa della Donna” per ricordare alcuni provvedimenti legislativi che hanno portato all'evoluzione della posizione giuridica e sociale della “donna” nel diritto di famiglia.

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(immagine di mia proprietà)


Sin dalla tradizione del diritto romano, la donna era considerata 'un soggetto giuridico limitato', dapprima sotto la potestà paterna, e successivamente “in manus” del marito.
La si considerava affetta da “imbecillitas” ed “infermitas”, cioè da debolezza e instabilità di intelligenza e carattere, e per molto tempo le fu impedito di disporre in modo autonomo dei rapporti che le facevano capo.
Dunque la “mulier” (moglie) era ritenuta un soggetto incapace d'agire, e spesso alla morte del marito le veniva assegnato un “tutor mulieris” (un tutore) per compiere negozi, atti giuridici ed amministrare il patrimonio al suo posto.


Il nostro Codice Civile del 1865 sosteneva che: “La moglie non potesse donare, alienare beni immobili, sottoporli ad ipoteca, contrarre mutui, cedere o riscuotere capitali, costituirsi sicurtà, né transigere o stare in giudizio relativamente a tali atti, senza l'autorizzazione del marito” (Art. 134 C.C. del 1865).
Fino alla Prima Guerra Mondiale le donne non potevano rivestire impieghi pubblici che implicavano poteri pubblici giurisdizionali, e dopo circa quarant'anni hanno avuto l'ingresso alle magistrature, ai corpi di polizia, e ad altre professioni.

Si deve tener presente che nonostante gli interventi legislativi non determinino la realtà sociale, essi influenzano il “modello di famiglia” che il sistema giuridico presenta alla collettività.

Difatti il Codice Civile del 1942 era improntato su principi antiquati del dopoguerra, e la famiglia del tempo era per lo più agricola ed organizzata come unità produttiva.
Essa manteneva la tradizione di “famiglia patriarcale” ed era caratterizzata da un accentramento gerarchico, una rigida distribuzione dei ruoli, e scarsa mobilità territoriale.

Con l'industrializzazione e lo spostamento dei luoghi di lavoro all'esterno della struttura familiare si avviò il processo di disintegrazione della famiglia antica. Infatti nacque così il concetto moderno di “famiglia nucleare”, i poteri del padre di famiglia iniziarono a contrarsi, e le funzioni di assistenza ed istruzione furono affidate alle istituzioni pubbliche.


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Esemplare è stata l'evoluzione della posizione giuridica e sociale della donna da soggetto incapace d'agire senza autorizzazione maritale, tenuta ad accompagnare il marito “dovunque egli credeva opportuno di fissare la sua residenza “ (Art. 144 C.C. del testo originario), e a prestargli obbedienza in cambio del diritto di mantenimento, a soggetto con “pari dignità sociale” rispetto al marito , essendo il matrimonio “ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi” (art.29 Cost.).

L'ammodernamento del regime familiare richiese una profonda modifica dell'ordinamento, dato che il testo originario del Codice Civile manteneva la moglie in una posizione di subordinazione, attribuendo al marito la qualifica di “capo della famiglia” investito di una “potestà maritale” sulla moglie (Art. 144 C.C. del testo originario).
Nacque così un movimento per un' ampia revisione degli istituti familiari, e la Corte Costituzionale dichiarò illegittime le norme del Codice in quanto anticostituzionali.

La legge del 1 Dicembre 1970 n. 898, fu il primo atto normativo speciale di rilevanza giuridica e sociale, che introdusse l'istituto del “divorzio”, facendo divenire il matrimonio non più indissolubile (originariamente, esso veniva meno solo “con la morte di uno dei coniugi”, secondo l'Art. 149 C.C.).

La legge del 19 Maggio 1975, n. 151 apportò la “Riforma del diritto di famiglia”, i cui valori si trovavano negli artt. 29 e 30 Cost. :1) Eguaglianza giuridica e morale dei coniugi; 2) Dovere e diritto di entrambi di mantenere, istruire ed educare la prole; 3) Tutela dei figli nati fuori dal matrimonio.

In breve si temperarono le disuguaglianze della vecchia disciplina.

Da quel momento in poi si susseguirono vari provvedimenti legislativi che rinnovarono l'assetto del costume e del sentimento sociale dei rapporti di famiglia.
Ad esempio con l'introduzione di norme a tutela dei soggetti deboli, sia riguardo la sottrazione internazionale di minori (L.15 Gennaio 1994, n. 64), che contro la violenza all'interno della famiglia (L.4 Aprile 2001, n. 154).

Inoltre ci tengo particolarmente a ricordare che prima della Legge del 19 Maggio 1975, n.151, non esisteva il regime di “comunione legale” dei beni tra marito e moglie, ma solo quello di “separazione”, per cui alla morte del marito la moglie non avrebbe potuto ereditare i beni del marito, ma ne avrebbe potuto usufruire solo in qualità di usufruttuaria, in casi specifici infatti le veniva assegnato un tutore per amministrare il patrimonio del marito, che poi sarebbe passato in capo ai figli.
A patire dalla legge del '75 n. 151, tutte le coppie sposate furono automaticamente assoggettate al regime di comunione legale, e le fu permesso un periodo transitorio (fino al Gennaio 1978) per dichiarare di voler restare assoggettati al regime di separazione dei beni.


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Infine vorrei fare un breve accenno sull'abrogazione del “Matrimonio riparatore” e sul “Delitto d'onore” avvenuta con la Legge n. 442 del 1981.
Essi provenivano dal Codice Rocco influenzato dal ventennio fascista.

L'art. 544 del Codice Penale sosteneva che:“... il matrimonio, che l'autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti”.
In sostanza il reato di violenza carnale si estingueva se lo stupratore sposava la sua vittima, “salvandone l'onore della famiglia”.

Mentre l'art. 587 del Codice Penale recitava:“Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onore suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni”.

In tal occasione vorrei anche brevemente ricordare la storia di Franca Viola, la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore, suscitando molto scandalo ed attenzioni mediatiche.
Franca proveniva da una famiglia modesta di contadini siciliani, e fu promessa in moglie a Filippo Melodia, di famiglia nota per adesione alla Mafia. Quando questo fu accusato di furto e associazione a delinquere di stampo mafioso, il padre di Franca ritirò il fidanzamento, generando l'ira di Filippo che si apprestò fin da subito ad utilizzare minacce e violenza di vario genere pur di ottenere la mano della ragazza. Dato che il padre di lei si mostrò irremovibile sulla questione, Filippo giunse alla conclusione che l'unico modo per poterla sposare sarebbe stato quello di rapire la ragazza e stuprarla. Infatti all'epoca il matrimonio riparatore serviva a salvare l'onore della famiglia della donna, e se questa non l'avesse accettato l'opinione pubblica l'avrebbe additata come “svergognata”, o poco di buono, e sarebbe potuta rimanere “zitella”. Tuttavia i piani del ragazzo furono infranti dalla sentenza di condanna ad undici anni ricevuta per il rapimento e lo stupro di Franca, dopo non pochi suoi tentativi di diffamare la ragazza al fine di farla apparire consenziente.

Una celebre dichiarazione di Franca durante il processo fu: “Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l'onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”.


In conclusione vorrei solo dire che la conoscenza di tutti questi avvenimenti importanti mi ha segnata particolarmente.
La consapevolezza che la mia libertà di oggi sia dovuta a grandi rivoluzioni giuridiche del passato mi fa sentire orgogliosa e rincuorata verso il futuro.
Per tenere viva questa speranza dobbiamo ricordare il passato per far sì che il buon senso collettivo mantenga un'equa dignità di tutto il genere umano.

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