Patrizia guarda fuori dalla finestra, le gocce di pioggia tamburellano nella sua finestra e lei si chiede da quando non vede più un raggio di sole. Ma che importa in fondo, lei non andrà a fare una passeggiata al porto mangiando un gelato, sarà sempre lì in quella maledetta stanza.
C’è chi la chiama prostituta, puttana, mignotta, donna di malaffare e lei ignora tutti quegli epiteti, ormai non le fa più male.
Nessuno si chiede perché sia arrivata a quel punto, perché si dà via, giudicano e basta. La guardano dall’alto in basso quando la incontrano e girano subito lo sguardo, contrariati.
Eppure sono tanti quelli che bussano alla sua porta: avvocati, mariti, fidanzati, solitari, ragazzi, uomini maturi e cercano tutti la stessa cosa: un po’ di felicità, un attimo di evasione.
Vengono, si spogliano, il tempo di un amplesso, pagano e corrono via con la vergogna dipinta sul volto e la coscienza più sporca di quando sono entrati.
Patrizia li osserva, indifferente. Per lei sono solo clienti. Non vuole sapere il loro nome, non vuole parlare con loro, vuole solo svolgere il suo lavoro e concludere.
Ma in questi giorni di pioggia è altrove.
Ripensa a quando era spensierata, faccia acqua e sapone e tutti la chiamavano Marina.
Marina andava in giro a testa alta senza essere giudicata, nessuno la guardava male o la additava, era libera. Poi qualcosa è successo. Qualcosa che non doveva accadere.
Aveva solo 15 anni quando la sua vita vacillò. In camera sua iniziarono a consumarsi le prime violenze sessuali da parte del padre, chiamato mostro successivamente. Arrivava la sera e lei chiudeva gli occhi immaginando di essere un uccellino e di poter volare via.
Quello che le faceva più male era il silenzio della madre a colazione il giorno dopo, silenzio che sapeva di consapevolezza taciuta e di paura.
Attese tre anni per poter andare via, il compimento dei suoi 18 anni per scappare via di casa, allontanarsi da tutto.
Così fece.
Prese la sua valigia e si stabilì in una città di mare e lì decise di ricominciare. In quella città nuova dove tutto era colorato e vitale trovò un lavoretto che le permetteva di pagarsi l’affitto di un piccolo appartamento e ricomiciò a vivere. In un’estate particolarmente calda conobbe Giorgio, un ragazzo che la fece innamorare subito. Erano felici insieme e mese dopo mese iniziarono a farsi le prime promesse fino a quando lei rimane incinta. Da lì a poco la verità: Giorgio era sposato, aveva un’altra famiglia e non avrebbe mai riconosciuto il bambino e detto questo sparì dalla sua vita.
Sola e con il cuore a pezzi, decise di abortire, pentendosene subito dopo averlo fatto.
Dopo questa ennesima delusione cambiò nome e lavoro. Divenne Patrizia, una donna sicura di sé che vendeva il proprio corpo nel suo appartamento. Una donna che non aveva sogni, aspettative o speranze. Viveva solo per dimenticare e arrivare a fine mese. Sapeva di essere bella e di poter fare altro nella vita, di riscattarsi ma semplicemente non voleva.
Troppo dolore dentro di lei. Aveva deciso che non avrebbe più amato nessuno, sarebbe stata indifferente.
Alcuni clienti si erano anche innamorati di lei, nonostante il suo silenzio e la sua indifferenza ma lei li aveva sempre respinti e niente l’aveva turbata più per anni.
Sono passati vent'anni da quando ha iniziato ad essere Patrizia e quel giorno di pioggia battente l’aveva scossa. Decide di uscire, di prendersi un giorno libero per sé stessa. Da quanto non lo faceva?
Neanche lo ricordava più. Non prende l’ombrello, prende solo una giacca a vento ed esce diretta verso il porto, vicino al faro. Arrivata lì si siede e guarda il mare infrangersi, arrabbiato.
Dopo qualche minuto sente chiamarsi e si gira inorridita. Non era stata chiamata Patrizia ma Marina e la persona che è davanti a lei è l’ultima che avrebbe voluto vedere.
Giorgio è lì: leggermente appesantito dagli anni, brizzolato ma nel viso riconosce il ragazzo che aveva tanto amato.
Ha i capelli gocciolanti e i vestiti zuppi di acqua. In una mano un mazzo di rose rosse sgualcite dall’acqua.
Lui inizia a parlare, lei a tremare. Le dice che ha lasciato la moglie per lei, è pentito di quello che le ha fatto ma aveva avuto paura. Vuole ricominciare e fare tutto con lei e…
Il continuo della frase Patrizia non lo seppe mai. Gli viene vicino e gli da uno schiaffo in pieno viso con le lacrime agli occhi e fugge via. Via da quell’uomo, via dalla ferita che aveva iniziato a pulsare, via da quel figlio che non aveva voluto, via da tutto.
Quante volte aveva sognato che lui tornasse da lei dicendogli proprio quelle parole? quante volte nel cuore della notte mentre era sveglia pensava a lui e a tutto quello che non era stato?
Adesso è tardi, troppo tardi. Patrizia torna a casa, si fa un bagno caldo e si calma. Si veste con calma, si trucca con cura e attende.
Si dice che “non è mai troppo tardi”, quanto è sbagliato. Se è tardi lo è, quel treno non ritornerà più. Ci sono persone che si incontrano nel momento sbagliato e fanno errori imperdonabili.
Patrizia sente il citofono suonare, “Finalmente” pensa “Si comincia!”.
Il primo cliente del giorno, quel giorno che le ha fatto così male ma che le ha fatto capire che le seconde occasioni non esistono, esistono solo per i perdenti o per chi si può permettere di essere felice. Lei non può.
Attende il cliente seduta a bordo del letto con un calice di vino rosso in mano, ne ha bisogno per dimenticare.
Dimenticare gli abusi del padre, il silenzio sordo della madre, l’amore di Giorgio, il figlio che ha abortito e chiude tutto a chiave nel suo cuore, in un angolo inaccessibile.
Lei è Patrizia adesso, la prostituta del porto ed è quello che vuole essere, niente di più.
Cara @g-e-m-i-n-i, ho letto con attenzione il tuo racconto. Con tutto il rispetto che merita la storia da te raccontata. Una tematica difficile da raccontare, ma che tu hai fatto con molta bravura.
Una di quelle storie che mi fanno pensare: avrei voluta scriverla io una storia così...
Bravissima!
Ti ringrazio di cuore ❤️
Bella storia, intensa, struggente, triste, malinconica, ci possiamo mettere tutti gli aggettivi del mondo perché sono tutti quanti meritati, come i complimenti che è doveroso farti quando ci si trova davanti a racconti come questo, semplicemente stupendo.
Sei un'ottima scrittrice, se vogliamo usare questo termine, oppure blogger, se vogliamo restare un po' più in piccolo, ma in alcuni tuoi racconti, come questo, secondo me sei più la prima delle due definizioni.
Grazie, mi sento più una blogger in realtà ma grazie di cuore per i complimenti e sono più che contenta che tu abbia apprezzato! 😘
Amaro, crudo ma ben scritto e coinvolgente. Brava D. ;-)
Grazie caro @miti ❤️
Ti mozza il fiato...
Brava. Brava. Brava. 😘
Grazie grazie grazie 😍
brava g-e-m-i-n-i un racconto equilibrato e doloroso. Ottimo
Grazieeee 😍❤️
Fosse solo fantasia. La violenza sessuale domestica è un orrore reale, purtroppo, e hai fatto bene a toccare l’argomento. Brava.
È vero, la mia storia sarà anche inventata ma queste cose accadono, le violenze dentro casa sono un dato di fatto purtroppo.
Grazie ❤️
Mi hai fatto piangere... ricordo che commentasti il post su mia madre dicendo che ti aveva commossa, ora siamo pari!
Leggendo questo tuo racconto ho immaginato la sofferenza e la tristezza che avrà provato mia madre nel dover fare queste cose.. è davvero triste.
Sei molto brava a far entrare il lettore nei tuoi racconti!
Non oso neanche immaginare cosa abbia passato lei in quegli anni infernali, tutto quel dolore. Impensabile !!!
Grazie per il complimento.. e un abbraccio❤️
Molto coinvolgente