AMPLESSO
the six shadows of the moon
(dettaglio)
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watercolor on paper
armandosodano
Il primo sorgere della luna viola aveva colto Ravi e Arvinda in piena devozione. Per sessanta, lunghissimi giorni avevano atteso, prima di abbandonarsi alla voluttà e lasciare che i loro corpi finalmente si unissero come già il Kama aveva avvinto le loro anime.
Inizialmente, i due amanti erano rimasti colpiti e non poco impressionati dalle tempistiche del proprio legame, che aveva coinciso quasi perfettamente con l’inizio della prima notte senza luna. Temevano l’ombra che tale evento potesse gettare sul loro rapporto. Decisero quindi che fosse meglio attendere prima di sigillare la propria unione con l’atto divino dell’amplesso, anche se ogni fibra dei loro corpi fremeva dal desiderio di appartenersi nella realtà come già si erano conosciuti in sogno.
Avevano quindi dedicato le prime settimane dopo la mancata Veglia Dorata a conoscersi e comprendersi più di quanto i superficiali incontri agli eventi mondani avessero consentito loro di fare in precedenza. Con l'ovvia benedizione di Avati, Arvinda si trasferì immediatamente a palazzo e passava ogni suo momento con Ravi.
Avevano scelto di attendere prima di unirsi carnalmente, ma ciò nonostante nessuno dei due nutriva alcun desiderio di essere separato dall’altro per più di quanto strettamente necessario al pudore.
In quelle settimane, i due futuri Diarchi di Svadhisthana impararono molto l’uno dell’altra e, soprattutto, costruirono le basi per una profonda stima reciproca e un affetto che prescindeva dal legame indissolubile che li aveva uniti, trovando ciascuno nel partner indubbi tratti di amabilità, intelligenza, buon carattere e ironia che resero il Kama ancor più gradito ai loro occhi. Il fatto, poi, che fossero entrambi di aspetto più che gradevole, aveva sicuramente contribuito.
L’oscurità del cielo notturno rimase, peraltro, il primo pensiero di tutti, in quelle lunghe settimane di notti senza luna. Arvinda non ebbe quasi occasione di provare nostalgia per la casa che l’aveva vista ragazza e che aveva così rapidamente abbandonato, poiché anche Avati e Kiran trascorrevano buona parte delle loro giornate tra il Palazzo e il Tempio, lavorando indefessamente assieme ai Diarchi, al Rettore del Culto e ad altri eminenti esponenti del potere spirituale e temporale di Svadhisthana.
Ciascuno era chiamato a contribuire secondo le proprie competenze nel cercare una qualche fonte o un segno che potesse far luce sull’arcano avvenimento. Spesso le diverse personalità coinvolte si riunivano per confrontarsi sull’esito delle rispettive indagini, uscendone però sempre più sconfortate. Perlomeno, si era potuto appurare che la luna era scomparsa in tutta Selenya, ma sembrava che nemmeno negli altri Regni ci fosse qualcuno in grado di spiegare l’inquietante fenomeno.
Kiran, studioso di lingue, aiutava la madre nella ricerca interpretando gli scritti più antichi conservati presso la biblioteca del Tempio. Arvinda, che non aveva ancora una particolare preparazione politica né mistica, seguiva i vari incontri come osservatrice e aveva messo a disposizione la propria mano per la redazione della copiosa corrispondenza che i Diarchi avevano intrapreso con i propri contatti negli altri Regni e nella Città Imperiale, circostanza che allietava particolarmente la giovane donna la quale aveva così occasione di scrivere assai frequentemente al padre, che il buio aveva colto proprio al centro di Selenya dove si era trattenuto come emissario reale.
In occasione di quello che sarebbe dovuto essere l’Azimut di Luna Dorata, il Grande Tempio di Adisthana organizzò una devozione rituale di gruppo cui presero parte tutti i fiori di loto attualmente presenti nella capitale e alla quale era invitata a partecipare tutta la popolazione. Per non rischiare di adombrare la loro unione con nefasti presagi, il Kama tra Ravi e Arvinda non era ancora stato annunciato e, in effetti, non era comunemente noto nemmeno il risveglio di Arvinda e Kiran, nonostante quest’ultimo non si preoccupasse più di mantenere la cosa riservata. I due yuva, o giovani, Diarchi non parteciparono quindi al rituale, a differenza dei Diarchi in carica, che ne furono il fulcro tutta la notte.
Scopo della lunga e intensamente partecipata devozione era quello di evocare con il massimo vigore Kundalini Kama, nella speranza di poter ricevere da lui delle risposte o, quantomeno, nuovi spunti di ricerca. Tutto fu, peraltro, vano. Il Dio partecipò con entusiasmo del piacere dei propri devoti e rese manifesta la propria presenza in innumerevoli maniere. Interrogato, però, da più parti sull'oscurità che abbracciava la notte, non seppe o non volle dare alcuna risposta. Né miglior fortuna ebbero i fiori di loto, che continuarono a rivolgersi privatamente alla divinità ad ogni possibile successiva occasione.
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Fu questo, più che ogni altro argomento, a spingere finalmente Ravi e Arvinda a cedere al richiamo della carnalità. Per quanto, infatti, la verginità non avesse particolare valore, a Svadhisthana, era noto che il primo rapporto completo di una persona fosse in grado di sprigionare molto più potere di quanto sarebbe stato possibile raccogliere successivamente, in assenza di particolare predisposizione alla magia sacra. Potente era, d’altra parte, anche il primo rapporto tra Kama. Perciò, se rimaneva una speranza di trovare nell’Amore una risposta, forse gli unici in grado di ottenerla erano gli yuva Devatv.
Il sessantesimo giorno di buio colse Arvinda quasi di sorpresa. Erano state settimane piene, certamente le più intense della sua vita, tra il Kama, Ravi, il buio, le ricerche, la corrispondenza, gli incontri e la quasi completa assenza di informazioni utili a risolvere la situazione. Non era praticamente mai uscita dalle mura del Palazzo, se non per una visita al Tempio per cercare di chiarirsi con Vaila, che non aveva dato per nulla i risultati sperati. Da giorni, però, Ravi e Arvinda avevano deciso che se non si fosse trovata prima una soluzione, la sessantunesima notte dopo il loro incontro avrebbero cercato il sacro consesso con Dio.
Venne quindi il giorno promesso e rapida calò la sera. Gli appartamenti dell’Erede erano collocati proprio al di sopra del salone dove si era svolta la Veglia Dorata. La camera da letto affacciava per tre lati su un ampio terrazzo, separato dalla parte coperta da un elegante colonnato. Nella stagione fredda, il colonnato sarebbe stato chiuso da pannellature realizzate su misura, ma col bel tempo i pannelli venivano rimossi per consentire di godere del calore del giorno e della brezza della sera.
Ravi e Arvinda arrivarono in camera assieme e con una calma quasi reverenziale iniziarono a rimuovere uno le vesti dell’altro, strato dopo strato, accarezzando, baciando e assaggiando ogni nuovo lembo di pelle che scoprivano. Questa loro prima volta assieme non si sarebbe più ripetuta e volevano goderne il più a lungo possibile. Arvinda non aveva alcuna esperienza, ma Ravi, risvegliatosi svariati anni prima, aveva avuto modo di completare l’apprendistato al Tempio e acquisire un bel po’ di esperienza sul campo. Sperava le sue conoscenze sarebbero state sufficienti, al momento di invocare Dio. Arvinda si fidava di lui.
Quando finalmente furono entrambi nudi, uno davanti all’altra, si inebriarono per un attimo della visione che veniva loro offerta poi, baciandosi appassionatamente, Ravi raccolse Arvinda fra le sue braccia e l’adagiò tra le morbide coperte, coprendola col proprio corpo. Ogni movimento, ogni contatto, ogni bacio, era esattamente come Arvinda aveva sognato e immaginato e anche di più. Ogni carezza, ogni sospiro, ogni fremito era più dolce e più intenso di qualunque sensazione Ravi avesse provato o provocato prima.
Man mano che per gli amanti si avvicinava il momento della loro più piena unione, una calda luce arancio iniziò ad avvolgerli. Un attimo prima erano certamente soli nella grande stanza aperta sul mondo, un attimo dopo non lo erano più e una presenza assai più grande di entrambi si era unita a loro. Nel muoversi all’unisono, uno contro l’altra, iniziarono a intonare una preghiera rituale, per indurre Kundalini Kama ad una più completa partecipazione. Sentirono il suo calore, il suo peso, il suo abbraccio e, infine, quando Ravi penetrò Arvinda per la prima volta, il potere del Dio esplose nelle loro menti e ne sentirono chiaramente la voce.
Miei giovani prescelti, finalmente sigillate la mia benedizione…
Vi ho creati… entrambi… e visto crescere in fede, bellezza e amore…
Vedervi ora uniti mi dà grande gioia…
“Divino Kundalini Kama, nostro Dio e Amore, guidateci nel Vostro volere e con la Vostra saggezza. Date un senso a questo buio che ci affligge, Vi preghiamo.”
Figli miei… miei prescelti… la notte è oscura per gli dei quanto per gli uomini… e diverrà ancora più oscura…
“Come impedirlo?”
La risposta a questa domanda non si trova in Cielo, figli miei… e per me è giunto il momento di lasciarvi…
Abbiate coraggio… amatevi…
Gli dei ora devono…
La voce del Dio si faceva sempre più fioca nelle loro menti, mentre il piacere si impadroniva sempre più intensamente di loro. Non seppero mai cos’altro Kundalini Kama avrebbe voluto dire. Pochi istanti dopo quelle sue ultime parole, Arvinda non riuscì più a trattenersi e si abbandonò a languide convulsioni di piacere e per svariati momenti per lei non esistette altro che quell’estasi meravigliosa. Trascinato dal puro godimento della sua compagna e dalle deliziose contrazioni del corpo di lei, che racchiudeva in sé la sua virilità, anche Ravi raggiunse presto il culmine del suo piacere.
Siate benedetti…
Un'eco, nulla più, sembrò loro di cogliere nel vento mentre, ansimanti ed estasiati l’uno dell’altra, riprendevano coscienza di sé e del mondo che li circondava. Poi, solo silenzio. Arvinda abbracciò Ravi dolcemente e lui posò il capo sul suo seno. Una lieve cascata di luccichii arancio, l’ultima traccia della magia che avevano evocato assieme, ricadeva su di loro e sulla stanza.
Fu solo dopo qualche minuto che iniziarono a sentire il rumorìo della città oltre le mura del Palazzo, oltre che una certa frenesia al suo interno. Riaprirono gli occhi e, a fatica, li distolsero l’uno dall’altra. Era calata la notte su Svadhisthana e la notte non era più buia. Corsero al terrazzo da cui proveniva la strana luce che brillava ora sulla città, apparentemente ancor più luminosa in contrasto all'oscurità del ciclo passato. Assieme al resto di Selenya, guardarono in cielo la strana luna viola e non seppero cosa pensare.
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Nessuno dormì, quella notte. Le riunioni, il via vai, le supposizioni, i timori sembravano interminabili. Al Tempio, l’apparente scomparsa di Kundalini Kama fu avvertita quasi immediatamente. Alcuni fiori di loto riportarono di averlo evocato, quella notte, e che la sua presenza sembrasse più debole del normale, ma avevano inizialmente pensato che il Dio fosse impegnato anche altrove. Ciò fu confermato presto anche da Ravi e Arvinda, che aggiornati su tali testimonianze, ipotizzarono di esser stati almeno in parte responsabili della scarsa attenzione di Kundalini Kama per altri amplessi, avendolo così fermamente invocato loro stessi.
Dopo il sorgere della luna viola, però, nessuno era più stato in grado di contattarlo e questa era attualmente la preoccupazione più grave del Regno. Kundalini Kama non si era mai, a memoria d’uomo, negato ai suoi fedeli. Nel cuore della notte, fu stabilito che Avati e il Rettore tornassero al Tempio per provare ancora una volta ad entrare in contatto con la divinità. Ove non ci fossero riusciti, i Diarchi ordinarono loro di riposarsi, per quanto possibile, e riprovare poi alla luce del giorno, per verificare se magari fosse solo la nuova, strana luna a tenere Dio lontano dal suo popolo.
Qualche ora più tardi, anche tutti gli altri membri della Corte che erano stati convocati o erano sopraggiunti di loro iniziativa a Palazzo furono congedati. Era ovvio che quella notte non sarebbe stato possibile scoprire null’altro su questa successione di fenomeni astrali e mistici e venne ritenuto prioritario recuperare alcune ore di riposo prima di affrontare in qualche modo il popolo di Adhisthana, il mattino dopo.
Quando tutti se ne furono andati, tranne Ravi e Arvinda, Rania si accasciò, provata, su un divanetto del salone in cui si erano riuniti e rivolse lo sguardo ai due giovani.
“Temo che per noi la veglia non sia ancora finita, figli miei. Amal e io abbiamo qualcosa da mostrarvi, ma prima raccontateci del vostro sacro consesso con Dio. Immagino anche il Tempio vorrà sapere cosa sia stato detto, più tardi: è probabile siate stati gli ultimi a trovarvi in Sua presenza.”
Amal si accomodò accanto all’amata, sorridendo incoraggiante ai ragazzi, che presero posto su un altro divano.
“Kundalini Kama era con noi, stanotte, mia Deva, ma per me era la prima volta perciò non saprei dire se ci fosse qualcosa di anomalo nella sua partecipazione,” rispose Arvinda.
“Per la mia esperienza, è stata una manifestazione assai più intensa e concreta di altre cui avevo partecipato. Ma era prevedibile, considerata l’occasione,” aggiunse Ravi, stringendo affettuosamente la mano di Arvinda e sorridendole innamorato. Lei ricambiò felice il sorriso e continuò.
“Kundalini Kama ci ha parlato. Nemmeno gli dei sembrano avere idea di cosa stia succedendo. Anzi, credo abbia detto espressamente che ‘la risposta non si trova in Cielo’.”
Ravi annuì. “Non mi sembra abbia detto altro di rilevante. ‘Abbiate coraggio, amatevi’... e ha aggiunto che per lui era tempo di andare, ma non ha specificato altro. Anzi, credo volesse aggiungere qualcosa, ma sembrava non riuscire più a far giungere la sua voce fino a noi, sembrava allontanarsi. Non abbiamo sentito altro.”
“E questo succedeva quando, rispetto al sorgere della luna?” chiese Amal.
“Credo pochi minuti prima o dopo, se non allo stesso tempo. Eravamo presi da altro e ci siamo accorti della luna solo qualche minuto più tardi,” rispose Arvinda.
Rania e Amal annuirono. Il racconto dei ragazzi, per quanto più nitido, non faceva che confermare quanto già riportato dai fiori di loto: col sorgere della luna viola, avevano perso il loro contatto con Kundalini Kama. Forse il Dio si era allontanato, forse era scomparso, forse erano loro ad aver perso la capacità di entrare in contatto con lui. Avrebbero dovuto svolgere nuove ricerche. Nel frattempo, era giunto il momento di condividere con i ragazzi un segreto noto solo a loro.
“Seguiteci nelle nostre stanze, abbiamo qualcosa da mostrarvi.” I quattro si alzarono e raggiunsero il sancta santorum dei Diarchi, una stanza privata, retrostante la camera da letto reale, dove solo a loro era consentito l’accesso e dove nemmeno Ravi era mai entrato prima.
Una volta entrati si trovarono in una specie di salottino privato, privo di finestre, con uno studio organizzato contro la parete opposta all’ingresso con una piccola libreria e due scrivanie gemelle. Agli altri tre lati, sedute e morbidi cuscini, oltre a qualche lenzuolo e coperta. Questi dettagli coglievano però l’attenzione del visitatore solo in un secondo momento. La stanza era infatti interamente dominata da un enorme albero luminescente, che cresceva al centro esatto della stanza e ne copriva interamente il soffitto con le ampie fronde.
Era un albero quanto mai curioso e straordinario, diverso da qualsiasi cosa Arvinda avesse mai visto o studiato. In particolare, sembrava quasi trasparente e animato da una luminescenza arancio non dissimile dalla luce che aveva avvolto poche ore prima il loro sacro amplesso. L’albero, inoltre, per quanto innegabilmente vivo, sembrava fatto della stessa sostanza vitrea del monolite divino. La sua luce illuminava l’intera stanza come se lo stesso Kundalini Kama fosse tra loro, sebbene nemmeno qui se ne poteva percepire la presenza.
Arvinda e Ravi erano ammaliati da tale visione e i Diarchi lasciarono che i due si beassero di tale prodigio per qualche minuto. Successivamente, li invitarono a sedersi con loro tra le radici, dove erano stati posizionati altri cuscini su cui adagiarsi.
“Questo albero esiste da sempre e da sempre è il segreto più strettamente custodito di Svadhisthana. Solo i Diarchi ne sono a conoscenza e trasmettono tale conoscenza ai propri successori al momento del passaggio delle consegne. Io stessa non ne ho mai saputo nulla, prima che i miei genitori lasciassero il Governo ad Amal e me,” iniziò a raccontare Rania.
“Si presume esista da quando esiste il monolite ed è fatto della medesima sostanza vitrea. È innegabilmente vivo, cresce, si muove, cambia negli anni. Ma come lo vedete voi stanotte non era mai apparso fino a sessanta giorni fa.”
Ravi e Arvinda osservarono più da vicino il meraviglioso artefatto. Aveva un fusto esile ma di aspetto solido e lunghi rami affusolati, da cui spuntavano innumerevoli foglie e piccoli fiorellini.
“L’albero, vedete, non è mai fiorito, né pensavamo potesse farlo,” spiegò Amal. “Solo radici, fusto, foglie e rami affusolati. Da sempre o, perlomeno, da quando se ne ha memoria. La sua luce, inoltre, è generalmente statica, come quella del monolite, non così brillante e mutevole come una fiammella, come la vedete ora.”
“Questo fino a sessanta giorni fa. Sessantuno per essere precisi,” continuò Amal. “La prima notte di buio, quando finalmente siamo rientrati nei nostri appartamenti, abbiamo trovato l’albero in piena fioritura, animato da questa luce mobile e brillante. Nei giorni successivi, la luce si è pacata, ma i fiori sono rimasti.”
“E ieri sera,” concluse Rania, “eravamo in questa stanza quando l’albero si è animato nuovamente e lì… è spuntato quello.”
Ravi e Arvinda seguirono lo sguardo dei Diarchi e notarono, per la prima volta, un ramo più basso in cui, circondato da foglie e fiori, spiccava inequivocabilmente un piccolo frutto ancora acerbo.
“Cosa significa tutto questo, Madre?” Chiede Ravi stupefatto. “Questo albero dev’essere collegato allo strano comportamento della luna. Che sia pericoloso?”
“Non credo, figlio mio. E non credo l’albero sia collegato, se non indirettamente, alla luna. Credo sia altro ciò che lo anima.”
“E cosa allora?”
“È vero che l’albero è fiorito con il buio e ha dato il suo primo frutto con la luna viola, ma a quanto pare non sono gli unici due eventi accaduti in quei momenti.”
“Ciò che tua madre cerca di dire,” intervenne Amal, “è che siamo convinti che la fioritura, più che col buio, abbia coinciso col vostro Kama. Il frutto con la vostra unione. E forse la chiave per dipanare il mistero della luna è proprio nel vostro Amore.”
Ravi e Arvinda fissarono ancora il frutto con stupore reverenziale.
“Cosa dovremmo fare?” Chiese infine Arvinda.
“Aspettiamo,” rispose Rania. “Il frutto era appena spuntato quando siamo stati attirati fuori dalla stanza per via della nuova luna. Ora è cresciuto. Credo che con il nuovo giorno potrebbe già essere maturo e allora si vedrà.”
Le due coppie di amanti si disposero tra le radici del magico albero di vetro e iniziarono a vegliare un frutto mai esistito prima.
Olio su acrilico
carolineschell
La Luna Rossa di Tlicalhua by @gianluccio
Cap. 1: Il Colpo
Cap. 2: La prigionia
Cap. 3: L'accordo
Cap. 4: Sussurri nel vento
Cap. 5: Il silenzio
Cap. 6: Il Deserto nella Mente
La Luna Blu di Kasiha by @kork75
Cap. 1: Un anno prima…
Cap. 2: L'osteria il corallo blu
Cap. 3: Il confine
Cap. 4: Il maestro
Cap. 5: L’ultimo giorno di luna…
Cap. 6: La transizione
La Luna Arancio di Svadhisthana by @imcesca
Cap. 1: Prologo pt. I
Cap. 2: Prologo pt II
Cap. 3: Risveglio
Cap. 4: Adulta
Cap. 5: Kama
Cap. 6: Amplesso
La Luna Bianca di Alfhild by @acquarius30
Cap. 1: Concentrazione e addestramento
Cap. 2: Gelido come il cuore del Marchese
Cap. 3: Apparizioni
Cap. 4: L'ira di Freyja
Cap. 5: Caos
Cap. 6: Le origini
La Luna Dorata di Porpuraria by @coccodema
Cap. 1: L'inizio di una nuova vita
Cap. 2: la trasformazione
Cap. 3: il viaggio
Cap. 4: La scoperta
Cap. 5: I prescelti
Cap. 6: La ricerca
La Luna Grigia di Rak-Thul by @mirkon86
Cap. 1: Leggenda e curiosità
Cap. 2: Il verso dei tamburi
Cap. 3: La fuga
Cap. 4: Domande e (sempre meno) risposte
Cap. 5: Artefatti e premonizioni
Cap. 6: Tra sogno e realtà