l'antitesi della libertà terza parte

in #raccolto4 years ago (edited)

***Gestazione e lavoro ***

Quel mese di luglio fu davvero infernale per Giuseppe, che da solo dovette terminare il raccolto, accudire gli animali e procurare i soldi da dare al padrone della masseria, il quale non fu affatto disposto ad attendere la vendita del grano per riscuotere l'affitto.

Ma questo non scalfi' minimamente la sua felicità per aver avuto un figlio e forse per la prima volta si considerava davvero felice, e se avesse guardato più a fondo sarebbe stata anche l'ultima.Stremato dalla stanchezza di venti ore di lavoro al giorno, passava il tempo nella trepidante attesa che qualcuno gli portasse notizie di moglie e figlio, ma logicamente la sua attenzione era assorbita in toto da luca; lo stato di salute di Maria gli interessava solo perchè di riflesso riguardava luca, e in genere era l'anziana madre, Rosaria, a scendere dal paese per consolare quel povero figlio che si era visto sin dall'inizio,non aveva fatto un matrimonio felice.

Più precisamente, si era visto ancora prima che si sposassero, che Maria e Giuseppe non avevano gran che in comune nè per carattere nè per affetto, ma quel matrimonio secondo le convenzioni sociali appariva cosi' logico da chiedersi:chi avrebbe potuto sposare Giuseppe? in tutta la campagna circostante era l'unica ragazza rimasta libera che lavorava come un mulo nei campi e nelle stalle di giorno e di notte sollecitata dai rimproveri perenni e senza motivo dei numerosi fratelli e sorelle, nonché dei genitori.

In casa non riusciva a fare servizi essendo considerata la scema della famiglia e fu proprio l'effetto di tale emarginazione a farla crescere in disparte, risentita sempre con il fiele in bocca.La precoce esclusione dal cerchio affettivo radicalizzò la sua rivolta interiore contro tutti quelli che le gravitavano attorno.

Già da quand'era infante non parlava con i fratelli ma si scagliava contro di essi concentrando il suo odio nelle tonalità del più crudo dialetto, ed essi a loro volta non le rivolgevano mai la parola ma l'aggredivano insultandola continuamente, e in modo violento e insopportabile e tutto sommato la ragazza che non aveva conosciuto altre forme di comunicazione, fini' per ritenere naturale il dover dialogare con la propria famiglia attraverso l'espressione dell'istinto viscerale.

Nessuno prendeva mai le sue difese, nessuno dalla madre all'ultima sorella le fece mai sentire che era una consanguinea e lei non si chiedeva mai il perché di quegli oltraggi, o mai il perché delle cose: il suo mondo finiva dove iniziava la ragione. In tale clima passarono anni e poi quando sembrò sufficientemente cresciuta per poter prendere marito, le dissero che probabilmente avrebbe sposato Giuseppe del Cerreto, di cui aveva sentito parlare e le sembrò una concessione di grazia: finalmente sarebbe uscita da quella casa maledetta.Giuseppe al contrario, proveniva da un ambiente molto povero, in cui però regnavano affetto e serenità: suo padre era scomparso prematuramente e lui già all'età di diciassette anni si trovò a condurre la masseria anche se c'era poco da condurre in quanto la casa era semidiroccata e contava due stanze: la più grande per gli animali, l'altra per lui, la madre, le sorelle Carla e Lina.

I terreni a mezzadria venivano lavorati da tutti, ma riuscivano a stento a sopravvivere in quanto i padroni, sia della casa che delle terre prendevano il grosso del già misero raccolto.

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